Il World Masterpiece Theater (Sekai Meisaku Gekijou in originale o più brevemente Meisaku) è una collana di cartoni animati prodotti a cadenza annuale, dal 1975 al 1997 e dal 2007 al 2009, dallo studio giapponese Nippon Animation. In quanto destinati alle famiglie, in Giappone venivano solitamente trasmessi la domenica sera alle 19.30, sul canale Fuji TV. Il titolo, che significa “teatro dei capolavori del mondo”, fa riferimento all’ispirazione comune di queste serie, basate tutte su romanzi della letteratura mondiale per ragazzi di origine occidentale. Per questa peculiarità, si possono identificare come un sottogenere ben definito dell’animazione giapponese, che negli anni ha ottenuto grandi apprezzamenti in tutto il mondo, al punto che molte di queste serie sono diventate dei classici. Ma vediamo cosa può essere detto riguardo allo “stile Meisaku”.
Ciò che contraddistingue principalmente queste serie è la loro qualità complessiva, nettamente al di sopra della media del periodo in cui sono state prodotte. Nei limiti che può avere un prodotto televisivo, sono, infatti, tutte realizzate con elevate ambizioni artistiche. Il pregio della fattura, anche soltanto a livello di animazione, salta agli occhi anche delle persone meno esperte. Un’altra delle caratteristiche principali delle Meisaku, complementare alla precedente, è il realismo. Questi anime cercano di presentare i protagonisti mentre vivono nel loro ambiente quotidiano. Le scene di vita di tutti i giorni sono animate con estrema cura dei dettagli e sono ricche di elementi culturali, la cui funzione è quella di mostrare il contesto storico e sociale della narrazione (i WMT si svolgono in varie epoche e luoghi). Una delle forze delle Meisaku è appunto la grafica di queste piccole scene e la capacità di renderle naturali e quasi sensibili. I personaggi stessi, il loro carattere, i rapporti interpersonali sono mostrati con grande minuzia e approfondimento psicologico, a differenza di quanto non accada in molti altri cartoni, anche ai giorni nostri. L’animazione si concentra sulle emozioni dei personaggi e su come esse vengono rivelate, cogliendo le minime espressioni del viso, gli spostamenti degli occhi, i leggeri movimenti del capo e rendendoli così assolutamente credibili e reali. L’attenzione al movimento viene però sempre bilanciata da sapienti momenti di staticità e sospensione, anch’essi significativi, e allo stesso modo il dialogo viene alternato al silenzio. Al personaggio viene data centralità nella scena, spesso in un rapporto di fusione grafica con il paesaggio, rappresentato con splendidi e spettacolari fondali.
A proposito di stile grafico, va sottolineata una cosa davvero particolare e interessante. Ciascuna Meisaku che si rispetti ha un character design (tipo di disegno dei personaggi) quasi standardizzato, anch’esso molto realistico, comune a quasi tutte le produzioni e che si rifà a quello del maestro Hayao Miyazaki, autore di alcune delle prime opere del WMT, discostandosi sensibilmente dal classico stile nipponico “super deformed” (occhi enormi, corpo tozzo e tondeggiante, testa che occupa un terzo dell’altezza corporea). Il disegno è morbido, il tratto semplice, ma raffinato.
Per quanto riguarda le storie raccontate, gli eroi sono quasi sempre bambini, affiancati a volte da anziani nel ruolo di co-protagonisti. Figure “marginali” alla società, tuttavia presentati sempre in modo assolutamente positivo. In alcuni casi i protagonisti di questi cartoni sono personaggi allegri e spensierati, che fanno della fantasia e della serenità interiore i loro punti di forza. Esempi di questo genere sono “Rascal, il mio amico orsetto”, “Anna dai capelli rossi”, “Tom Story”, “Flo, la piccola Robinson”, “Lucy May”. Altre serie, invece, sono incentrate su personaggi colpiti da grandi sventure, spesso orfani o costretti a vivere lontano dalle loro famiglie per lungo tempo, come ad esempio in “Il fedele Patrash”, “Peline story”, “Lovely Sara”, “Pollyanna”, “Spicchi di cielo tra baffi di fumo”. Qui l’atmosfera è più cupa e drammatica e, piuttosto che sulla serenità interiore, il carattere dei protagonisti si fonda sulla loro forza di volontà e sulla capacità di affrontare le difficoltà. L’introspezione psicologica risulta più angosciante e occasionalmente vengono trattati anche temi cruenti. Solo in un numero molto limitato di casi i protagonisti non sono bambini. Uno di questi rari esempi è il cartone animato intitolato qui in Italia “Cantiamo insieme” e tratto dallo stesso racconto che ha ispirato il film “Tutti insieme appassionatamente”. Proprio le tematiche trattate hanno spesso impedito che venisse dato a queste serie il valore che meritavano, spingendo in molti a etichettarle come prodotti per bambini. La cosa è vera solo in parte. Il target primario è sì un pubblico molto giovane, ma la cura nella realizzazione e il loro spessore morale ed educativo hanno fatto in modo che molti di questi titoli potessero essere apprezzati anche da persone adulte.
È interessante notare, inoltre, come l’ambientazione iniziale delle vicende dei WMT sia, nella stragrande maggioranza dei casi, presso le montagne o comunque in una zona di tipo rurale. La purezza di spirito del protagonista o della protagonista era in qualche modo influenzata dalla maestosità della natura, che infondeva in questi personaggi grande voglia di vivere, forza interiore e spontaneità. In effetti ci sono molti esempi nella cultura nipponica in cui l’ambiente condiziona la persona che trascorre la sua vita tra le montagne o nelle campagne, non solo nei WMT, ma anche in moltissimi altri cartoni animati e fumetti.
Le serie WMT, tra le produzioni giapponesi, sono quelle accolte con più entusiasmo in Italia e che hanno avuto meno problemi con gli attacchi della censura. Essendo tratte da libri occidentali e trattando quindi temi più vicini alla nostra cultura, sono state comprese e adattate con più serietà. Ma quello che ha portato questi cartoni al successo è stato soprattutto l’ingrediente principale che li costituisce, e cioè il sentimento espresso dall’intensità delle emozioni che le storie racchiudono.
L’anno di inizio del genere Meisaku così come lo intendiamo oggi può essere considerato il 1974, quando lo studio di animazione Zuiyo Eizo realizzò il cartone animato “Heidi”. In realtà non si trattava di un anime “puro”, in quanto nasceva dalla collaborazione con la casa tedesca Taurus Film e quindi la produzione era essenzialmente nippo-germanica. Basato su un romanzo di Johanna Spyri e diretto da Isao Takahata, che si avvalse della collaborazione di Hayao Miyazaki per le animazioni, venne realizzato precedentemente alla nascita del progetto World Masterpiece Theater, ma fu proprio il grande successo ottenuto (addirittura in misura maggiore in Europa che in Giappone) a dare la spinta affinché si proseguisse con questo genere di anime.
“Heidi” venne largamente apprezzata sostanzialmente per due fattori. Il primo è legato alla qualità delle animazioni e dei disegni, per quel periodo notevoli, il secondo è legato alla fedeltà al testo originale, di cui non veniva mai tradito lo spirito. Ad esso, con lo scopo di rendere la serie sufficientemente lunga ed interessante per un pubblico di giovani, vennero affiancate piccole vicende completamente inventate, ma sempre in linea con lo stile e con l’atmosfera del romanzo originale. Anche i WMT prodotti in seguito non risultano quasi mai essere delle semplici trasposizioni dei libri da cui sono tratti. Infatti la Nippon Animation ha saputo dar vita a piccoli, ma interessanti cambiamenti, che hanno arricchito le storie e hanno rappresentato un’importante unione tra la cultura occidentale e quella orientale.
Nonostante la fortuna di “Heidi”, la Zuiyo Eizo si ritrovò in difficoltà finanziarie, a causa degli alti costi di produzione, non sufficientemente ripagati dalla cessione dei diritti. Così nel 1975 essa si scisse in due entità: la Zuiyo, che assorbì sostanzialmente i debiti della precedente società, e la Nippon Animation, nella quale confluì lo staff di produzione della Zuiyo Eizo, inclusi Miyazaki e Takahata. La nuova casa di produzione trovò subito il successo con le serie “L’ape Maia” e “Il fedele Patrash”, il primo capitolo ufficiale del WMT. Fu poi la volta di “Marco” (1976), “Rascal, il mio amico orsetto” (1977) e “Peline Story” (1978). Nel 1978 fu prodotta anche la serie “Conan il ragazzo del futuro”, dal romanzo “The incredible tide” di Alexander Key, commissionata dalla TV di Stato NHK e diretta da Hayao Miyazaki. Questi, tuttavia, lasciò la Nippon Animation l’anno seguente, nel bel mezzo della produzione di “Anna dai capelli rossi”, che vedeva alla regia Isao Takahata, il quale nel 1985 si unì a Miyazaki per fondare lo Studio Ghibli.
Il 23 marzo 1997 fu trasmesso su Fuji TV l’episodio finale di “Dolce piccola Remì”, l’ultima produzione del World Masterpiece Theater. Dopo più di venti anni, il World Masterpiece Theater veniva chiuso, a causa del drastico calo degli indici di ascolto e della crisi finanziaria dell’azienda. Il genere ormai appariva superato e non poteva reggere il confronto con altre produzioni a più basso costo, ma meglio calibrate sugli interessi dei giovani. Proprio per l’elevata qualità, queste serie erano state in verità sempre costose in confronto alle altre a loro contemporanee, perciò già dalla fine degli anni Ottanta, quando necessità produttive e commerciali facevano sentire sempre più il loro peso, Fuji TV aveva ridotto il budget ad esse dedicato, che si mostrava così man mano più inadeguato alle esigenze artistiche. Pertanto il numero degli episodi iniziò lentamente, ma inesorabilmente, a diminuire, di pari passo con la qualità artistica.
Tutto iniziò nel 1988, con “Piccolo Lord”. Fino ad allora i WMT erano durati all’incirca 50 episodi ognuno (52 per i primissimi, cioè uno per ogni settimana dell’anno). Ma per questa serie la Nippon Animation si dovette accontentare di produrre soltanto 43 episodi. Inoltre molti elementi nella produzione lasciano trasparire che non c’erano più le stesse disponibilità economiche di un tempo. L’anno seguente “Peter Pan” aveva 41 episodi ed era molto diverso dalle Meisaku precedenti. Questo però non significa che la Nippon Animation smise di produrre serie di qualità dopo il 1988, perché l’impegno nella sceneggiatura e nel design rimasero alti. Le cose tuttavia precipitarono nel 1995. “Spicchi di cielo tra sbaffi di fumo” durò solo 33 episodi. L’anno seguente “Meiken Lassie” (adattamento della storia del famoso cane) fu frettolosamente interrotto a settembre dopo soli 25 episodi. Fu sostituito da “Remy la bambina senza famiglia” (23 episodi), che ottenne uno share bassissimo in Giappone e pose fine al World Masterpiece Theater.
Nel 2007, tuttavia, dopo ben undici anni di silenzio, il WMT venne rilanciato con “Il cuore di Cosette”, adattamento animato del romanzo di Victor Hugo “I Miserabili”, in particolare del secondo capitolo dell’opera. Questa produzione segna, dal punto di vista prettamente tecnico e grafico, una sorta di “novità”. Il character design utilizzato è piuttosto diverso da quello usato comunemente dai World Masterpiece Theater. Sebbene conservi ancora qualche tratto classicheggiante, le linee, i colori e gli sfondi ci fanno capire chiaramente che ci troviamo di fronte ad una produzione a noi contemporanea. Tra le altre cose, “Il cuore di Cosette” opera una sostanziale revisione del romanzo originale. Poiché il pubblico che guarda solitamente i World Masterpiece Theater è abituato a trovarsi di fronte un protagonista o una protagonista giovane, sarebbe stato forse deleterio per la produzione lasciare come protagonista Jean Valjean, che è un uomo di mezza età. Si è pensato perciò di dare maggiore importanza al punto di vista di uno dei personaggi più importanti del libro, ovvero Cosette, la piccola bambina lasciata in balia dei Thénardier, una famiglia di meschini approfittatori e arrampicatori sociali, pronti a tutto pur di arricchirsi.
Il ritorno del WMT ha ottenuto un buon riscontro in patria, tanto che a partire da gennaio 2008 è andato in onda su BS Fuji il venticinquesimo capitolo del progetto, intitolato “Il lungo viaggio di Porfi”. La serie, composta dai classici 52 episodi, è un adattamento del romanzo “Les Orphelins de Simitra”, pubblicato nel 1955 dallo scrittore francese Paul-Jacques Bonzon e ambientato nella Grecia del 1950. Nel 2009, invece, è stato prodotto “Sorridi, piccola Anna”, prequel di “Anna dai capelli rossi” del 1979 e basato sul libro scritto nel 2008 dall’autrice canadese Budge Wilson, con il consenso degli eredi di Lucy Maud Montgomery, in occasione del centenario della pubblicazione del romanzo originale. Gli episodi di questa serie erano 39 e seguivano i primi undici anni di vita della protagonista Anna Shirley. Ad essa, tuttavia, non sono seguite altre produzioni animate ispirate a opere letterarie per ragazzi e così il WMT ha visto una seconda interruzione, questa volta definitiva.
Duranti gli anni sono state prodotte altre serie, che non si basano su manga usciti in precedenza, come accade spesso per i cartoni giapponesi, bensì su opere della letteratura mondiale e che quindi sono assimilabili ai WMT e possono essere inseriti all’interno del genere Meisaku. Alcune sono state realizzate dalla stessa Nippon Animation, separatamente dal progetto World Masterpiece Theater, altre ancora da case produttrici diverse, anche sulla scia del successo del WMT.
In realtà, l’adattamento più o meno fedele di racconti e romanzi d’origine occidentale per la realizzazione di prodotti di animazione non è stata un’innovazione del settore introdotta dal WMT. Esso infatti avveniva frequentemente negli anni Sessanta, in quanto gli animatori, così come pure gli autori di manga, vedevano nel proprio lavoro un fine educativo e documentaristico, che oggi è quasi del tutto scomparso. Inoltre a quel tempo c’era una percezione diffusa della ricchezza e del valore della narrativa europea, in particolare di quella del Nord Europa e dei paesi anglosassoni. Perciò, mentre le opere animate dei primordi si affidavano quasi esclusivamente a leggende e fiabe giapponesi, o in alcuni casi cinesi, già nel 1965 la Toei Doga produsse il lungometraggio “Gulliver no uchu ryoko” (“I viaggi spaziali di Gulliver”), un’interpretazione fantascientifica del romanzo d’avventura “I viaggi di Gulliver” di Jonathan Swift. Nel 1969 venne prodotto dalla stessa casa ”Nagagutsu o haita neko”, ispirato a “Il gatto con gli stivali” di Perrault, il cui protagonista divenne il simbolo della Toei Doga e ancora oggi compare su tutti i suoi prodotti.
Queste produzioni si contraddistinguono per la forte presenza di fiabe e favole, un genere a cui spesso gli animatori si sono affidati per le loro opere. Passando da Esopo fino a Perrault, i giapponesi sembrano avere un debole per Hans Christian Andersen, le cui opere più celebri sono state oggetto di continui adattamenti animati sia per il cinema, a partire dal 1968 con il film “Le meravigliose favole di Andersen”, sia per la televisione, con la serie “Le fiabe di Andersen” del 1971.
Un’altra caratteristica, infine, degli anime giapponesi ispirati alle opere occidentali è un amore “romantico” per il passato. Raramente vengono scelte storie ambientate nella contemporaneità, perché gli sceneggiatori preferiscono ricreare “sfondi” storici, siano essi medievali, ottocenteschi o primo novecenteschi. A questo, talvolta, può aggiungersi un certo gusto per la rivisitazione della storia in chiave fantastica o addirittura fantascientifica.
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